BOLOGNA – Si è tenuta questo pomeriggio, nella sala del Consiglio comunale a Palazzo d’Accursio, la cerimonia di consegna della cittadinanza onoraria a Joey Saputo, presidente del Bologna Football Club 1909.
Al termine della cerimonia, il presidente del Bologna ha firmato in sala Rossa il Libro d’Onore del Comune di Bologna con questa frase: “Thank you for the Great Honour. Merci. Grazie e forza Bologna”.
Di seguito, l’intervento di Saputo in sala del Consiglio.
“Signor Sindaco, signora Presidente del Consiglio, tutti i Consiglieri e cittadini bolognesi, amici e cari invitati, buonasera. Sono orgoglioso ed emozionato di essere qui stasera davanti a voi, alla mia famiglia e ai rappresentanti del Bologna FC, per ricevere la cittadinanza onoraria di questa città. Da qualche giorno, pensando alle parole da dire in questo momento, mi viene in mente la prima volta a Bologna, che non fu nel 2014, quando entrai nel club, ma un paio di anni prima, nel febbraio 2012, quando portammo a giocare a Montreal Marco Di Vaio. Mi ricordo quel giorno, quando sono arrivato a Bologna in treno, e trovai la città sotto la neve, pensando che Bologna non era poi così diversa dal Canada. Ecco, oggi mi piace immaginare che è stato un piccolo segno del destino. Per dieci anni ormai Bologna è il mio presente. Come sapete, qualche anno fa ho preso casa in città e negli ultimi tempi vivo più qui che a Montreal. Qui vivono i miei figli Luca, che lavora nel club, e Jesse che gioca nel settore giovanile, e per me è una grande emozione vederli oggi insieme a mia moglie Carmie. Dieci anni. Credo che questo importante onore che mi viene conferito oggi possa essere l’occasione migliore per fare un piccolo bilancio. Sono stati dieci anni bellissimi, indimenticabili. Ci sono stati anche momenti difficili, quando i risultati sportivi non sono stati all’altezza dell’aspettativa della piazza. Ma, quando ho deciso di acquistare la maggioranza del club, mi sono detto che era mia intenzione costruire dal basso, un po’ come fanno gli allenatori di oggi. Nella mia ottica la squadra e i risultati sul campo sono i frutti di un albero che deve avere radici profondi e un tronco robusto, e su questo abbiamo lavorato per anni. La riorganizzazione e lo sviluppo di tutta l’area del club, l’acquisizione e la ristrutturazione del nostro centro tecnico, i piccoli interventi allo stadio sono stati la base del nostro lavoro. In questo senso lasciatemi ringraziare il nostro amministratore delegato, Claudio Fenucci, che è stato al mio fianco dall’inizio. La crescita sportiva, che ha portato a qualificarsi per la Champions League dopo sessant’anni, è stata il coronamento di questo impegno e del lavoro, oltre che dei tecnici e dei giocatori, anche quello di Giovanni Sartori e Marco Di Vaio. Ma il calcio, soprattutto in una città come Bologna, va molto oltre tutto questo. Lo dimostrò la reazione della nostra gente alla tragedia di Sinisa Mihajlovic, che a Bologna ha trovato nella città una seconda famiglia. Non solo, quando incontro tifosi che, commossi, mi dicono “mio padre, mio nonno sarebbero stato felici”, io capisco che cos’è davvero il Bologna Football Club: una comunità di persone che condividono gli stessi ricordi e le stesse emozioni. Per questo ritengo che il nostro dovere di custodi di questa passione curerà sempre più il rapporto tra squadra e città, tra il club e il territorio che rappresenta, lasciando tutti le iniziative che possono mettere la visibilità del calcio a servizio del tessuto sociale cittadino. Il bilancio, insomma, è più che positivo e non solo dal punto di vista sportivo e imprenditoriale. Sullo sfondo di questa emozione e avventura sta una città, una bellezza raccolta e sorprendente che incanta a ogni angolo chi come me, nonostante le radici italiane, ha sempre vissuto in un altro continente. Unicità accogliente per cultura, posizione geografica, per storia, per il carattere di voi… anzi, di noi bolognesi. Bologna, con i suoi mille anni di tradizione e università, è sempre stata aperta al mondo e chi viene da fuori non può non sentirsi abbracciato e protetto. A Bologna – cantava Lucio Dalla – non si perde neanche un bambino. Cari concittadini, voglio ringraziare ancora una volta per avermi accolto tra voi fin dal primo momento con affetto, un affetto che io e la mia famiglia ricambiamo con tutto il cuore. Questo riconoscimento è un onore di cui sarò sempre fiero, anche perché arriva prima del passaporto italiano, che farà di me anche un vostro connazionale. In conclusione, vorrei rivolgere un pensierino al grande presidente Renato Dall’Ara. Alla mezzanotte del 3 ottobre, quando il Bologna compirà 115 anni, saremo ad Anfield, uno dei più famosi stadi di calcio mondiali, dove avremo da poco affrontato il Liverpool in Champions: credo che Dall’Ara ne sarebbe orgoglioso, come tutti noi bolognesi. Grazie.”