Mentre a Cortina, al Museo Mario Rimoldi delle Regole di Ampezzo, è ancora in corso la II edizione de I Mille di Sgarbi, la III edizione torna a Cervia per il secondo anno consecutivo, dove aveva debuttato nel 2019 grazie all’idea dei collaboratori di Vittorio Sgarbi, Sauro Moretti, suo manager e Nino Ippolito, suo capo ufficio stampa.
Un gemellaggio importante, tra due città simbolo delle mete turistiche italiane di maggior interesse internazionale: la regina delle Dolomiti e la perla della riviera romagnola, unite dall’arte per ripartire in nome di un turismo di qualità, più lento e all’insegna della cultura, sempre più al centro dell’attenzione come simbolo di un nuovo inizio.
Infatti, la collettiva contemporanea dei Mille a Cervia rappresenta una delle prime mostre ad inaugurare subito dopo i mesi di chiusura forzata, che anzi, proprio nel periodo più buio e incerto è stata progettata e voluta dai collaboratori di Sgarbi, che non hanno mai smesso di credere nell’opportunità dell’arte come simbolo della ripartenza dell’Italia.
“Se qualcosa questo virus ci ha insegnato è che l’arte ha sempre più necessità di essere vista dal vivo e che il web non può garantire le stesse emozioni di un’opera d’arte vissuta dal vivo. L’arte ha sempre la necessità di manifestarsi in spazi fisici, pubblici e privati, come luogo di incontro dove mostrare nuove idee aperte alla discussione”, scrive Vittorio Sgarbi.
Molte delle opere in mostra sono nate proprio nei mesi della chiusura, dove i pittori, gli scultori e grafici, già abituati a lavorare nel silenzio di uno studio che lascia il mondo fuori, hanno espresso le paure, le ansie, le incertezze e la rabbia di questo momento sulla materia.
E i fotografi, costretti dal distanziamento sociale a scattare muovendosi come dei ladri per le vie delle loro città, hanno ripreso scorci dove l’uomo è solo un fantasma di passaggio. Ma non solo: molte delle foto in mostra sono state scattate pochi anni o mesi prima dell’avvento del Covid-19 e relative restrizioni.
Fotografie che prima ci avrebbero raccontato poco di eccezionale ma, nel tempo breve eppur interminabile del confinamento domestico, quelle immagini ci sembrano appartenere a un passato lontanissimo, di cui non vediamo ancora il ritorno: è la normalità, quella dei bambini che giocano liberi per strada, di un mercato affollato, di persone che semplicemente vivono la vita come l’abbiamo sempre concepita e che oggi subiamo con cautela e impaccio.
E ci sono naturalmente le opere che non risentono del momento e che mantengono temi e soggetti cari all’artista che preferisce estraniarsi ed innalzarsi con visione ascetica dal tormento della cronaca.
Proprio quest’ultima e il suo impatto sull’immaginario collettivo, è la spinta alla creazione di opere che si fondano sul percepito comune del Paese, tra verità e bufale, per arrivare a farsi manifesti veri e propri dell’incertezza e sfiducia ancora in corso. Non solo riguardo al virus ma anche alle problematiche ambientali ed economiche di un sistema che non regge più, in mezzo alle strabilianti notizie quotidiane.
La mostra sarà aperta al pubblico dal 4 al 12 luglio, ogni giorno, con ingresso libero, dalle ore 19.00 alle ore 00.00.
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