FERRARA – Tra il 10 ed il 20 agosto 1944 nove patrioti ferraresi furono trucidati all’interno della Certosa cittadina. A ricordo di quei tragici eventi fu apposto un cippo sul muro antistante il Tempio di San Cristoforo dove, lunedì 12 agosto 2019 alle 10 (via Borso 1, Ferrara), si svolgerà una cerimonia per onorare la memoria dei caduti. Prevista la deposizione di una corona e gli onori militari alla presenza di Autorità civili, militari e religiose. Per l’Amministrazione comunale di Ferrara parteciperà l’assessora alle Politiche Giovanili Micol Guerrini. E’ inoltre in programma un breve intervento storico di Antonella Guarnieri responsabile del Museo comunale del Risorgimento e della Resistenza. L’iniziativa, coordinata dal Comune di Ferrara, è a cura del Comitato per le celebrazioni degli Eccidi della Certosa. Alla cerimonia hanno partecipato tra gli altri l’assessore regionale Patrizio Bianchi, Pinuccia Niglio (Prefettura), Giancarlo Pallini (Questura) e i rappresentanti delle associazioni partigiani e ex combattenti.
AGGIORNAMENTO DEL 12 AGOSTO 2019
L’intervento dell’assessora comunale Micol Guerrini alla cerimonia di commemorazione del 12 agosto 2019
Le lancette della storia a volte si fermano su persone comuni, uomini e donne, che non agiscono con l’intento di diventare eroi, ma lo diventano e basta. In silenzio e senza medaglie.
I nove uomini di cui celebriamo, oggi, la memoria furono incarcerati, torturati e poi fucilati semplicemente perché, in quegli anni bui, mantennero viva la volontà e il coraggio di esprimere e diffondere le proprie idee. Quello che ci hanno lasciato è un insegnamento di libertà, che vale per tutti e che deve parlare al cuore di tutti.
Può essere torturata, la libertà, come accadde ai loro corpi martoriati ma non può essere uccisa, nè fermata. Attraversa la storia, al di sopra degli eventi e delle generazioni, e mantiene intatto l’esempio di chi per lei ha sacrificato la propria vita.
Con la memoria di questi uomini, infatti, siamo qui oggi a celebrare il principio fondante della democrazia, baluardo irrinunciabile, che deve unire e mai dividere.
Così come la Storia del nostro Paese che, infine, è unito nel nome di questi valori.
Ringraziamo i concittadini Gaetano Bini, Guido Droghetti, Tersilio Sivieri detto Destino, Amleto Piccoli, Guido Fillini, Renato Squarzanti e Romeo Bighi (eccidio dell’11 agosto 1944)
ringraziamo il pugliese Donato Cazzato e il veneto Mario Zanella (eccidio del 20 agosto 1944)
per averci permesso, anche con il loro sacrificio, di essere qui oggi, tutti insieme, liberi di esprimere il nostro pensiero e di portare avanti le nostre passioni.
Ringraziamo le famiglie di questi martiri che, con dolore e pazienza, hanno tenuto vivo il loro ricordo senza mai smettere di credere nella possibilità di tramandarlo e condividerlo.
Oggi la nostra speranza è che tanti, soprattutto i più giovani, sappiano portarlo dentro di sé e tradurlo nel rispetto per le idee di tutti. Anche le più diverse.
L’intervento di Antonella Guarnieri, ricercatrice storica, responsabile del Museo comunale del Risorgimento e della Resistenza, alla cerimonia di commemorazione del 12 agosto 2019
Dopo 75 anni, oggi, fatichiamo a comprendere come potesse essere Ferrara e tutta la zona controllata dalla Repubblica Sociale Italiana nel 1944, quando si verificarono gli eccidi che stiamo ricordando.
La dittatura fascista si affermò con la violenza, una violenza capillare che non risparmiò cose e persone. Fu l’alleanza con gli agrari locali che consentì ad un partito pesantemente battuto alle elezioni politiche del ’19 ed ancora di più alle amministrative del 1920 di tornare in auge per essere militarizzato ed usato per cancellare quelle piccole ma importanti conquiste che il proletariato agricolo locale, sostenuto in primis dal partito socialista, oltre che da quello popolare, era riuscito a conquistare. Tra l’altro furono pesantemente colpite e quindi cancellate le associazioni sindacali rosse e bianche che nei decenni avevano aiutato i braccianti a sopravvivere alla miseria in cui erano tenuti dagli agrari.
Deve essere ricordato che quella era una popolazione poverissima e che quegli uomini e quelle donne vedevano morire i loro figli come mosche, a causa delle pessime condizioni economiche e, quindi, anche igieniche.
Seppur è vero che inizialmente una parte del bracciantato venne conquistato dalla demagogia fascista che prometteva la terra ai braccianti, il regime poté contare, principalmente, sull’appoggio borghese e cittadino. Le campagne del Ferrarese compresero ben presto quale dura vita avrebbe atteso i braccianti, controllati spesso militarmente dai fascisti. Per questo, nella campagna estense, l’antifascismo mai si spense e si trovò pronto ad esplodere quando la guerra aggravò ancora di più le condizioni di vita della popolazione.
Gli uomini che stiamo ricordando oggi appartenevano al proletariato di fabbrica ferrarese, inferiore per numero, ma non certo per sofferenze a quello agricolo, Gaetano Bini, Guido Droghetti, Tersilio Sivieri, detto Destino, Amleto Piccoli, Guido Fillini, Renato Squarzanti e Romeo Bighi, lavoravano alla fabbrica della Gomma Sintetica. Va specificato, ed ha un peso molto rilevante, che non appartenevano ad un gruppo armato. Gravitavano nell’orbita del PCI, l’unico partito che per tutto il ventennio, seppure in clandestinità mai aveva abbassato la guardia, ma le loro azioni si erano concretizzate nel far circolare volantini contrari all’occupazione nazi-fascista e in qualche azione di sabotaggio. Erano già in carcere a causa di una delazione quando un GAP (Gruppo di Azione Partigiana) uccise il maresciallo di PS Mario Villani, un uomo particolarmente inviso alla popolazione, già durante il ventennio, per i metodi violenti che era solito usare nell’esercizio delle proprie funzioni e in relazione al quale erano arrivati numerosi lamentele alle autorità.
I sette giunsero al muretto della Certosa dopo essere stati torturati in maniera feroce e alcuni parenti raccontarono di avere trovato le orbite dei loro cari prive degli occhi quando andarono all’obitorio per il riconoscimento. Anche Donato Cazzato, il giovane di Acquarica del Capo, in provincia di Lecce che era giunto con la divisione Ariete di Cadorna a Ferrara nell’aprile del ’43 e qui si era fermato ed il veneto Mario Casella, accusati di fare parte del GAP che aveva ucciso Mario Villani, vennero ferocemente torturati, prima di essere portati in Certosa per l’esecuzione il 20 agosto 1944. In carcere era morto anche Mario Bisi che, dopo essere stato torturato dal vice questore de Sanctis e dalla sua banda, dissero si fosse suicidato, nonostante le manette ai polsi.
Per nessuno di questi 10 uomini si riunì nemmeno una parvenza di tribunale.
Ferrara in quell’agosto 1944 era una città martoriata che già nel novembre del 1943 era stata teatro del primo eccidio di civili della triste storia della RSI, ma non si arrese. A questi uomini, a quelli che erano periti dell’eccidio del Castello e a quelli che moriranno nell’eccidio del Doro, dobbiamo molto e il loro contributo fu certo fondamentale perché Ferrara il 23 aprile del 1943 fosse già liberata e le truppe nazi – fasciste bloccate o costrette alla fuga.
Non si può venire meno al ricordo, al racconto, allo studio documentato e scientifico, di quel feroce periodo della nostra storia.
Tutto ciò, citando Silvana Balboni, nipote di Guido Fillini, in nome della umanità che tutti ci unisce.
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