Testimonianze di Ernesto Assante di Republica e Tommaso Labate del Corriere della Sera
EMILIA ROMAGNA – Sta conquistando, pur se gradualmente, il favore dei lettori, specialmente sulle piattaforme on line di Amazon e Ibs, il libro di Michele Minisci sul Festival Voci Nuove di Castrocaro dal bizzarro titolo “Castrocaro-Sanremo. Solo andata”.
Il libro si è arricchito in questi giorni anche delle testimonianze di due autorevoli giornalisti della carta stampata, ovvero Ernesto Assante di Republica e Tommaso Labate del Corriere della Sera, che riportiamo di seguito.
“Il libro di Michele Minisci vale la pena, perché ha fatto bene ad accendere i riflettori su una manifestazione che per tanti anni, specialmente fino agli anni ’80, è stata veramente importante perché permetteva a legioni di giovani cantanti, autori e interpreti sconosciuti, di poter accedere a un pubblico più ampio, con una porta d’ingresso qualificata e qualificante. Non a caso viene citata una lista di nomi molto lunga di concorrenti poi diventati famosi, e quindi devo dire grazie per questo libro che in qualche modo è servito a colmare un buco nella storia e nel racconto della musica leggera italiana.
Bene ha fatto Michele a sottolineare spesso come anche le canzoni delle Voci Nuove di Castrocaro abbiano rispecchiato e raccontato la storia del nostro paese, perché credo che la canzone rispecchi sempre la cultura, la società e il momento che sta vivendo un paese, nel bene e nel male.
Molto interessante, infine, il capitolo in cui Michele si sofferma lungamente sul perché questo importante Festival per voci nuove sia nato proprio in terra di Romagna, a due passi dalla via Emilia, importante crocevia di creatività e di musica, dove sono sorti negli anni ’60 e ’70 decine e decine di locali da ballo, di feste de l’Unità, palestre importanti per giovani musicisti e cantanti per far diventare finalmente il canto, la musica, una vera professione”.
Ernesto Assante ( la Repubblica)
“Mi sono molto appassionato al libro di Michele perché nel suo racconto c’è esattamente quello che Castrocaro ha rappresentato anche per il tessuto sociale di questo paese, specialmente negli anni ’60 e ’70, e che purtroppo gli odierni Talent, invece, non sono riusciti e non riescono a rappresentare. In due parole è stato anche un ascensore sociale di cui tanto si parla oggi anche nei dialoghi tra intellettuali e purtroppo troppo poco tra i politici, perché il festival di Castrocaro piombava praticamente dentro le nostre case, le case delle famiglie contadine, delle famiglie operaie, con la possibilità per molti giovani di emanciparsi e di farlo senza che questo rappresentasse la strettoia un pochino da Gratta e Vinci, da Ruota della Fortuna, come succede oggi con i Talent Show, dove sembra che ci sia una gigantesca macchina della comunicazione che confeziona i personaggi prima ancora che le canzoni.
Nelle interviste che Michele ha fatto ai vari vincitori emerge chiaramente come tutto parte dal basso proprio come se fosse un grande campionato di calcio Primavera dove tu hai la possibilità di vedere effettivamente se un giocatore più che dieci tatuaggi o una fidanzata famosa è capace di far emozionare un pubblico e arrivare in prima squadra, a misurarsi veramente con la capacità di sfondare oppure no, perché poi la vita rappresenta semplicemente questa sfida”.
Tommaso Labate ( Corriere della Sera)