“Le due recenti operazioni messe a segno dalla Guardia di Finanza contro il caporalato – l’ultima ieri, focalizzata nell’area di Borello e Bora – hanno inferto un duro colpo al criminoso sistema di sfruttamento attuato sulla pelle dei lavoratori stranieri, mostrandoci con piena evidenza come questa odiosa pratica sia purtroppo diffusa anche nella nostra realtà.
E’ con sincera gratitudine, quindi, che esprimo le mie congratulazioni al Comando provinciale delle Fiamme Gialle, diretto dal Colonnello Alessandro Mazziotti, per l’importante risultato raggiunto; e trovo confortante che, grazie alla nuova legge contro lo sfruttamento del lavoro in agricoltura, approvata nell’ottobre scorso e di cui è stato relatore in Commissione Affari Costituzionali l’onorevole cesenate Enzo Lattuca, siano oggi a disposizione misure più severe ed efficaci per contrastare questa nuova forma di schiavismo: reclusione da uno a sei anni per l’intermediario e per il datore di lavoro che sfruttino i lavoratori, aumento della pena da cinque a otto anni se i fatti sono commessi mediante violenza e minaccia; multe da 500 a 1000 euro per ogni lavoratore reclutato, confisca come per i reati di mafia e l’utilizzo dei proventi delle confische per indennizzo alle vittime. Ma non basta.
Quando si deve curare una malattia, è basilare non solo conoscerne i sintomi, ma anche agire su tutte le cause. E allo stesso modo – ne sono convinto – occorre procedere per debellare questo terribile fenomeno.
Per questo trovo particolarmente significative le considerazioni espresse oggi da Cgil Cisl e Uil che da tempo denunciavano il fenomeno e che oggi, di fronte a quella che si configura come una vera e propria organizzazione di notevoli proporzioni, si interrogano sul ruolo delle imprese utilizzatrici.
La penso come loro: un detto diffuso nelle nostre campagne recita ‘un fosso si fa con due rive’. E’ dunque necessario pretendere da tutte le imprese del settore una maggiore attenzione e consapevolezza sulle pratiche adottate quando si rivolgono a terzi per l’arruolamento della manodopera. Un’attenzione necessaria per stabilire una netta demarcazione fra chi crede nel rispetto delle regole, nei diritti garantiti a tutti e nella dignità del lavoro e chi considera i lavoratori alla stregua di merci e non esita a sfruttarli.”
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