Mercoledì 27 gennaio Giornata della Memoria
BOLOGNA – Lo studio romano SET Architects convince la giuria internazionale presieduta da Peter Eisenman, autore del Memoriale di Berlino.
I quattro architetti trentenni hanno creato un monumento da vivere, uno sfondo scenografico che racconta la storia ma scrive il presente. Il ricordo diviene identità universale – dall’Olocausto alla strage di Bologna – che unisce la Comunità civile, trasformandola in Testimone del Tempo.
IL RICORDO È L’IDENTITÀ UNIVERSALE
Ricorda, Osserva, Andare avanti
IL MEMORIALE
Concepito durante il 70° anno dalla liberazione di Auschwitz, il Memoriale della Shoah di Bologna, nato dall’impegno congiunto della Comunità Ebraica, istituzioni e privati cittadini, si rivolge tanto al passato quanto al futuro.
Due blocchi di acciaio alti 10 metri si fronteggiano all’angolo tra via dei Carracci e il ponte di Via Matteotti convergendo l’uno verso l’altro fino a delimitare una fessura larga appena da far passare un persona. Ai lati, orbite vuote sovrastano il percorso ripetendosi in maniera ossessiva in tutte le direzioni. Rappresentano le celle dei deportati; il vuoto lasciato da chi le occupava.
UN PROGETTO INTERNAZIONALE A TEMPO DI RECORD:
LA SHOAH MEMORIAL COMPETITION
L’idea del Memoriale nasce all’interno della Comunità ebraica di Bologna durante la giornata della Memoria 2015. L’ambizione è stata partire con un progetto preciso e circostanziato, in modo da offrire, fin dall’inizio, un’iniziativa credibile e concretizzabile. Il risultato è stata una competizione internazionale che, in pochi mesi dalla pubblicazione del bando – il primo redatto in inglese dal Comune di Bologna – ha raccolto 284 proposte da altrettanti architetti e studi di progettazione. Il 30 per cento proveniva dall’estero.
IL GIUDIZIO DI PETER EISENMAN
È stato Peter Eisenman, architetto che ha stilato il progetto del Memoriale di Berlino, a presiedere la commissione che ha selezionato il progetto di un gruppo di architetti romani trentenni tra i 284 presentati. Già affermati nel loro campo grazie a riconoscimenti e collaborazioni internazionali, hanno deciso di partecipare, insieme, alla Memorial Competition fondando lo studio di progettazione SET Architects (Lorenzo Catena, Chiara Cucina, Onorato di Manno, Andrea Tanci). «Immaginiamo gli spazi architettonici come scenari della vita – racconta il co-fondatore Onorato di Manno – un’architettura che dialoghi in modo diretto con chi la vive attraverso l’attento rapporto con il contesto e la cultura locale con un approccio critico nei confronti dell’oggetto architettonico come fattore culturale. Appena individuato il tema e le specifiche tecniche, abbiamo cominciato a riflettere e parlare ai parenti dei deportati. Alla fine è stata la frase iniziale di Se questo è un uomo di Primo Levi a indirizzare la progettazione». I versi “Voi che vivete sicuri/ Nelle vostre tiepide case […] Considerate se questo è un uomo” hanno fatto scattare l’attenzione sulle celle dei prigionieri, al loro essere la pura negazione del concetto stesso di casa.
Le cavità cubiche che si ripetono morbose convergono sul visitatore trasmettendo il malessere che raffigurano. Anche la scelta del materiale – l’acciaio cor-ten che si corrode all’aria aperta – suggerisce l‘oppressione di ciò che rappresenta. Nei blocchi, però, la profondità spaziale assume il ruolo del tempo: sulla faccia interna ciò che è avvenuto, sulla faccia esterna, l’oggi. «Una faccia liscia – conclude Di Manno – sulla quale risaltano le linee delle celle confluendo nella consapevolezza contemporanea. Su quella faccia si scrive coscientemente, una vita diversa, opposta, alla barbarie del passato».
Tzakhòr, Shamòr, Kadima
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