“Il primo re, un grande film tra rivisitazione e mito”
BOBBIO (PC) – “Una ri-creazione verista, tattile, violenta di un’epoca storica che nel passato, magari di qualche peplum d’annata, si era contraddistinta giusto per sandalini comodi e pugnali di plastica con la partecipazione naif delle star di Hollywood”. Le parole di Davide Turrini (Il Fatto Quotidiano) restituiscono il cuore e il volto innovativo de “Il primo re”, pellicola di Matteo Rovere con protagonista Alessandro Borghi, film della serata di ieri del Bobbio Film Festival.
Ospite l’attore romano, che con Enrico Magrelli ha affrontato un ricco dibattito successivo alla proiezione del film, rispondendo alle domande del pubblico che ha affollato il Chiostro di San Colombano.
I fratelli Romolo e Remo, soli e in grado di contare l’uno nella forza dell’altro, si muovono in un mondo remoto e ostile sfidando il volere irriducibile degli Dei. Dal sangue versato nascerà una città, Roma, all’origine del più grande impero della Storia. Il loro è un legame saldo, intrepido, destinato ad alimentare la leggenda.
“E’ un grande film, questo, tra rivisitazione e mito. Quando Matteo Rovere me l’ha proposto, ho accettato senza riserve, ne ho intravisto tutte le potenzialità” ha raccontato Borghi. “Il risultato è una pellicola che non ha nulla da invidiare alle produzioni straniere, anzi ha qualcosa in più. Certamente questa è stata una sfida, ma credo il risultato sia eccellente. Le scelte vincenti? Abbandonare l’aria patinata dei kolossal hollywoodiani: noi attori eravamo sporchi, coperti di fango, nulla a che vedere con l’immagine pulita, da copertina, degli interpreti in tante produzioni americane. La scelta di utilizzare il proto-latino, poi, ha dato un’ulteriore cifra verosimile che un film recitato in inglese o in lingua corrente non avrebbe dato. Ne è uscita una pellicola totalizzante, innovativa nel panorama cinematografico italiano”.
Alessandro Borghi sarà ospite anche stasera al Bobbio Film Festival assieme al regista Alessio Cremonini con il film “Sulla mia pelle”: Stefano Cucchi ha appena trentun anni quando muore all’ospedale Sandro Pertini di Roma, mentre è in stato di detenzione. Dopo l’arresto, trascorre la sua ultima settimana di vita tra procedure incomprensibili, violenze e abusi. Una settimana che cambia anche la vita della sua famiglia che non riesce a vederlo, se non da morto, e che cerca invano di capire.