Da domenica 20 settembre a domenica 22 novembre 2020 alla Palazzina Marfisa d’Este (corso Giovecca 170)
FERRARA – Tredici grande fotografe in mostra, da Diane Arbus a Letizia Battaglia. Sarà infatti la fotografia realizzata da reporter femminili la protagonista di questa diciottesima edizione di Biennale Donna con la mostra “Attraversare l’immagine. Donne e fotografia tra gli anni ’50 e gli anni ’80”. La rassegna sarà visitabile da domenica 20 settembre a domenica 22 novembre 2020 con orario 9.30-13 e 15-18, chiuso il lunedì, alla Palazzina Marfisa d’Este (corso Giovecca 170, Ferrara). Prenotazioni al link https://prenotazionemusei.comune.fe.it/.
Per info: tel. 0532 244949, email diamanti@comune.fe.it, sito web www.artemoderna.comune.fe.it.
LA SCHEDA a cura degli organizzatori – Da domenica 20 settembre a domenica 22 novembre 2020 i suggestivi spazi della Palazzina Marfisa d’Este ospitano la mostra “Attraversare l’immagine. Donne e fotografia tra gli anni ‘50 e gli anni ‘80”, che presenta le opere di 13 fotografe: Paola Agosti, Diane Arbus, Letizia Battaglia, Giovanna Borgese, Lisetta Carmi, Carla Cerati, Françoise Demulder, Mari Mahr, Lori Sammartino, Chiara Samugheo, Leena Saraste, Francesca Woodman e Petra Wunderlich. Il progetto, a cura di Angela Madesani, si inserisce nella riflessione che l’UDI – Unione Donne in Italia, dedica alla creatività femminile in tutte le sue forme e linguaggi sin dal 1984. Dopo le mostre che hanno presentato alcune delle artiste più rilevanti della scena internazionale, ultima delle quali Ketty La Rocca (2018), Attraversare l’immagine indagherà il mondo della fotografia al femminile, mettendone in luce i filoni di ricerca più originali.
Numerose sono state, soprattutto negli ultimi anni, le rassegne dedicate alla fotografia delle donne. Nella maggior parte dei casi si è trattato di esposizioni che non hanno distinto diversi ambiti di ricerca. Attraversare l’immagine si concentra invece sulle fotografe attive negli anni dell’impegno politico e sociale, un periodo caratterizzato da grandi mutamenti di cui le donne sono state protagoniste.
La selezione delle fotografie esposte prende avvio dalle ricerche a sfondo antropologico dalla fine degli anni Cinquanta agli anni Sessanta, indagini che hanno segnato l’avvio delle lotte per un cambiamento radicale della cultura e della società, per il raggiungimento di libertà individuali e di conquiste democratiche. Raggiungimenti che gli anni Settanta avrebbero estremizzato, animando, sullo sfondo di drammatici conflitti, il rapporto tra politica e cultura. Gli anni Ottanta hanno poi costituito in qualche modo il momento del riflusso: le grandi battaglie condotte per i diritti civili, per l’emancipazione delle classi sociali, delle donne, degli emarginati, sono defluite verso modi diversi di avvertire l’esistenza, soppiantando le pratiche collettive, delle quali l’arte e la fotografia si erano rese interpreti, a favore di un sentire più individuale.
Le fotografe hanno saputo registrare tali cambiamenti, concentrando il proprio sguardo su temi scottanti connessi al sociale, al patrimonio antropologico, alla sfera psicologica.
La mostra si apre con l’opera di Diane Arbus (1923-1971), una delle più grandi artiste della seconda metà del XX secolo, la cui ricerca ha fatto da punto di svolta rispetto a quanto era stato fatto sino a quel momento nel campo dell’immagine. Le sue fotografie hanno come soggetto i mondi paralleli alla normalità che Arbus riesce a raccontare nella sua verità e crudezza, arrivando a realizzare alcune fra le fotografie più iconiche dei nostri tempi.
Continuando nel percorso espositivo, vi sono due sono i lavori che potremmo collocare nell’ambito del fotoreportage tradizionale, con una chiara propensione all’indagine sociale e antropologica. Di Chiara Samugheo (1935) sono esposte alcune fotografie di ispirazione neorealista, parte della serie dedicata alle tarantate salentine della fine degli anni Cinquanta e alla realtà dell’italia meridionale. Di Lori Sammartino (1924-1971) sono presenti le immagini che raccontano un’Italia semplice negli anni precedenti il boom economico.
Una selezione di opere da “Morire di classe” di Carla Cerati (1926-2016), pubblicato nel 1969 con Gianni Berengo Gardin, consentirà al pubblico di ammirare una delle ricerche più significative e conosciute dell’artista, che ha contribuito a mutare la situazione manicomiale nel nostro Paese.
Grande forza hanno le immagini di Letizia Battaglia (1935), che in cinquant’anni di ricerca ha raccontato la Sicilia della criminalità organizzata e della corruzione, con un’attenzione particolare al mondo femminile.
Una sezione consistente della mostra è dedicata al fotogiornalismo: due reportage di guerra ambientati in Libano e in Cambogia della francese Françoise Demulder (1947-2008), la prima donna a vincere nel 1977 il World Press Photo, il più prestigioso premio fotografico del mondo; mentre della finlandese Leena Saraste (1942) sono presentate le immagini dedicate alle rovine umane e architettoniche del conflitto israelo-palestinese dell’inizio degli anni Ottanta.
Impegnata nella documentazione del mutamento della condizione femminile è Paola Agosti (1947), tra le più acute fotogiornaliste italiane, di cui viene presentato un intenso reportage sull’apartheid realizzato negli anni Ottanta in Sudafrica.
È legata al mondo del porto di Genova la preziosa indagine di Lisetta Carmi (1924): una ricerca in cui l’uomo, il paesaggio, l’architettura giocano ruoli equivalenti. Sono dedicati al mondo dell’industria, nel momento della sua trasformazione, anche i partecipati scatti di Giovanna Borgese (1939), in cui i protagonisti sono i lavoratori e gli scioperanti – oltre agli edifici abbandonati, veri e propri esempi di fotografia industriale.
La ricerca di Petra Wunderlich (1954), di matrice prettamente architettonica, travalica i confini fra generi e temi aprendo nuovi scenari. Le sue opere indagano il paesaggio dell’uomo e, in particolar modo, quelle in mostra, si concentrano sugli edifici religiosi tra Germania, Inghilterra e Belgio.
Di Mari Mahr (1941), fotografa anglo-ungherese, è la raffinata serie, di ispirazione letteraria e artistica, dedicata a Lili Brik, la scrittrice, artista, attrice russa, compagna e musa di Vladimir Majakovskij. Chiude la rassegna una piccola ma significativa selezione di opere di Francesca Woodman (1958-1981), artista che ha lavorato sul disagio femminile, il proprio, dando vita a immagini di grande forza e poesia.
Nelle foto:
– Letizia Battaglia, “Pasquetta a Piano”, Palermo, 1979;
– Leena Saraste, “Rashidieh”, 1980 (courtesy Leena Saraste);
– Lori Samnmartino, “Di fronte alla televisione”, 1960 ca (courtesy Daniele Petiziol)