L’appuntamento, organizzato in collaborazione con Fondazione Alfred Lewin, è a ingresso gratuito fino a esaurimento dei posti disponibili.
Tra i brani che saranno eseguiti: Tsigaynerlid di David Beyglman, famoso violinista, che aveva suonato prima della guerra, come membro di una orchestra, in acclamati concerti in tutta Europa e negli Stati Uniti. Il fulcro della sua attività era rimasto però in Polonia, nella città di Łódź, nel cui ghetto, al pari di tutti gli altri ebrei, si ritrovò prigioniero con l’invasione nazista. A Łódź esisteva anche un campo di concentramento dove nel 1941 furono rinchiuse dai tedeschi migliaia di zingari austriaci. Nonostante le sue condizioni, Beyglman fu impressionato dal destino di quella gente e scrisse questa Canzone degli Zingari (Tsigaynerlid) in yiddish, la sua lingua materna. Fu deportato a Auschwitz, dove morì nel maggio del 1944. The lonesome death of Hattie Carrol, una ballata del 1964. Bob Dylan la compose dopo aver letto sul giornale un episodio di cronaca avvenuto il 9 febbraio 1963 a Baltimora, nel Maryland: alcuni dipendenti di un albergo, tutti afroamericani, erano stati aggrediti da un giovane bianco in preda all’alcool. La barista Hattie Carroll di 51 anni, madre di 10 figli, morì pochi giorni dopo in seguito alle gravissime ferite riportate. L’aggressore, tale William Devereux “Billy” Zantzinger, membro di una ricca e potente famiglia bianca di proprietari terrieri, in un primo momento incriminato per omicidio volontario, fu poi condannato alla pena di 6 mesi di carcere. Tanto valeva la vita di una persona di colore. Ma con la sua canzone, Bob Dylan lo ha condannato per sempre. E ancora Gli zingari, di Enzo Jannacci. Scritta nel 1968 e presentata lo stesso anno a Canzonissima, trasmissione di punta della Rai, un capolavoro di poesia, se si vuole ancora più rivoluzionario di Ho visto un re: nelle parole, nelle immagini, negli intenti, nel suo struggente sostegno alle diversità. Il testo ci racconta di un gruppo di zingari che si ritrova improvvisamente davanti all’immensità del mare. Ma la grande forza di Gli zingari sta non solo nell’impatto di “quella gente ridotta, sfinita, svilita” con il mare, ma nel fatto che il mare interagisca con loro, “proprio loro, gli zingari”, quasi fosse l’unico a capire. La canzone non vinse. Forse in finale arrivò perfino ultima, ma quel “qualcuno a star male” del finale, è ancora lì, sospeso.
Lunedì 27 gennaio 2020 ore 18
in occasione del Giorno della Memoria e in collaborazione con Fondazione Alfred Lewin
PAOLA SABBATANI
Uno strano e amaro raccolto
e con ROBERTO BARTOLI (contrabbasso) e DANIELE SANTIMONE (chitarra)
Info: 0543 26355 – www.accademiaperduta.it
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