Domenica 29 luglio, ore 21.30 – via Cairoli 42
RIMINI – Domenica 29 luglio, la rassegna cinematografica degli Agostiniani rende omaggio a Vittorio Taviani, recentemente scomparso, con la proiezione del film “Una questione privata”, ultima opera diretta assieme al fratello Paolo, tratta dal romanzo omonimo di Beppe Fenoglio. E Con Fenoglio siamo già nell’allegoria della Storia. Siamo nel campo di gioco dei Taviani. Un orizzonte che ricomprende il realismo nel teatrale, più sconnesso che mitico stavolta, sempre e comunque al di là della fanghiglia ideologica.
L’avventura di Milton, un Luca Marinelli allucinato e intenso, è l’eterna avventura umana, in uno scenario fuori dallo Spazio (i Taviani utilizzano le Langhe originarie del romanzo in funzione chiaramente allegorica) e dal Tempo (Memoria, Sogno e Presente si alternano senza soluzione di continuità lungo lo stesso asse cronologico). La disperazione della purezza perduta ma anche l’occasione del pragmatismo. Resistere oltre il concupire di ideali (l’Amore, l’Amicizia, la Lealtà) che annebbiano il cuore e l’intelletto, per ritrovare sufficiente presenza di spirito che il momento richiede. Riconoscersi uomini d’azione prima che di lettere.
Il film è la storia di Milton, ragazzo timido, introverso, appassionato di letteratura inglese. Giorgio, bello e intraprendente, è al contempo il suo opposto e il suo migliore amico. Entrambi sono invaghiti di Fulvia, sfollata da Torino ad Alba, che si diverte a civettare con entrambi: legge Cime Tempestose con Milton, balla con Giorgio. Ma è il ’43 e la guerra impone di prendere una parte nella Storia. Milton e Giorgio diventano partigiani in brigate differenti. Un giorno, nei pressi della vecchia casa di Fulvia, Milton incontra per caso la governante della ragazza, che gli instilla un dubbio feroce: è possibile che Giorgio abbia avuto una storia con Fulvia? Questo è il punto di svolta. Da qui in poi non c’è più nulla nella mente di Milton – niente più guerra né lotta partigiana, niente più idee né ideali, niente più Storia – ma solo un’unica ossessione pulsante: trovare Giorgio e chiedergli se è vero.
Non è tanto nella decisione di inserire scene non presenti nel libro (l’incontro coi genitori, la bambina stesa accanto ai cadaveri dei famigliari fucilati), quanto nella volontà di perseguire narrativamente fino in fondo la follia di Milton che i Taviani operano lo scarto più significativo rispetto a Fenoglio, tradendolo nella forma per non tradirne lo spirito, sublimandolo e condensandolo per affermare nella pratica la distinzione fondamentale fra cinema e letteratura. La coltre di nebbia che per l’intera durata del film ammanta luoghi e corpi spoglia la narrazione di ogni connotazione che non sia strettamente ‘privata’: cancella la lingua forte e vivida dello scrittore piemontese, smarrisce la percezione dell’universo partigiano e dei monti sui quali conducevano la lotta. Il campo di battaglia diventa una terra senza specificazione geografica. Il campo di battaglia è la mente di Milton, la sua ‘questione privata’ l’unica lotta rimasta.