“Il messaggio che noi sindaci abbiamo voluto mandare è chiaro: non vogliamo privilegi o immunità, ma semplicemente essere messi nelle condizioni di compiere con maggiore serenità il lavoro per il quale siamo stati investiti dai cittadini, che in noi hanno riposto la loro fiducia. Oggi migliaia di sindaci parlano con una voce sola. Oggi le nostre parole sono quelle del presidente di Anci, Antonio Decaro. “É questa è l’arma del delitto. Una penna. Questa è l’arma con cui ogni giorno i Sindaci firmano centinaia di atti, consapevoli che ognuno di questi può trasformarsi in un avviso di garanzia. Con questa penna ogni giorno corriamo dei rischi: se firmi rischi abuso d’ufficio, se non firmi rischi l’omissione di atti d’ufficio. Firmiamo per risolvere un problema, per non lasciare solo qualcuno. Non vogliamo immunità o impunità, vogliamo essere giudicati per le nostre responsabilità, ma purtroppo non è così”.
Quando si assume la guida della città, lo si fa con la consapevolezza che all’onore del ruolo si combina un carico smisurato di responsabilità: è la sfida dei sindaci, dal quale nessuno vuole arretrare. Un compito eccezionale e gravoso, tanto più in questa fase storica che ha visto le nostre comunità affrontare le conseguenze di una pandemia che ha minato le basi della convivenza sociale, oltre che dell’economia. Quello che oggi abbiamo chiesto a viva voce è rispetto e dignità. Rispetto per una figura istituzionale che nell’immaginario collettivo viene individuata come responsabile di qualsiasi cosa accada nel proprio Comune, al di là delle effettive competenze e a fronte di poteri limitati e di leggi oggettivamente colpevolizzanti. Rispetto per un lavoro quotidiano complesso, svolto con risorse umane e finanziarie sempre più ridotte e aggravato da un quadro di norme confuso e contraddittorio, e che nell’ultimo anno e mezzo ci ha portato a gestire e affrontare la più grande crisi sanitaria della storia recente. Dignità perché finalmente anche i sindaci siano coinvolti strutturalmente nelle decisioni nazionali, senza doverne solo subire i riflessi.
Il mio percorso da sindaco dopo dieci anni intensi è giunto quasi al termine, ma è un dovere nei confronti di coloro che in futuro guideranno le comunità battersi affinché l’ordinamento giuridico tratti i sindaci con la stessa dignità delle altre cariche elettive – stabilendo ad esempio il medesimo regime sanzionatorio applicato agli organi elettivi e di governo – e non invece come il sacco delle botte”.
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