REGGIO EMILIA – Germania, 1936. All’apice della folle parabola politica del nazionalsocialismo di matrice hitleriana, Walter Benjamin dà alla luce uno dei suoi più celebri e, pur implicitamente, incendiari trattati. In un’epoca che, come mai prima, strumentalizza l’opera degli artisti asservendola a fini propagandistici, L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica si interroga sulle residue potenzialità del genio creativo che sfugge alle lusinghe della facile riproducibilità, verso una liberazione e un’emancipazione veramente rivoluzionarie.
Poco più di sessant’anni dopo, il tema della riproducibilità, insieme alle sue innumerevoli implicazioni estetiche, etiche, politiche, ontologiche, è la provocazione da cui muove un altrettanto caustico testo teatrale della drammaturga britannica Caryll Churchill, A number. L’autrice scava nel profondo ed esplicita la complessità di radunare domande primarie: chi sono? Da dove vengo? Esistono altri uguali a me? E con questi altri, insieme al mondo, cos’altro sarò?
Venerdì 19 e sabato 20 gennaio alle ore 21 la stagione Primavere del Teatro Piccolo Orologio di via Massenet ospiterà la brillante messa in scena di “A number” nella traduzione di Monica Capuani, per la regia di Luca Mazzone, che ne cura anche l’allestimento scenico, con Giuseppe Pestillo e Massimo Rigo; i costumi sono di Lia Chiappara e il disegno luci di Mario Villano, produzione del Teatro Libero Palermo – Centro di produzione teatrale.
In un futuro prossimo non ben identificato, un uomo sui sessant’anni, Salter, incontra i suoi tre figli. Il primo è quello avuto da sua moglie quarant’anni prima: dopo la tragica morte di quest’ultima, tra alcolismo ed eccessi, il giovane padre non era stato in grado di prendersene cura e lo aveva abbandonato. Cosa succede se questo padre, nella società contemporanea, dove la perfezione e l’adeguatezza sono diventati i nuovi dogmi da onorare, vuole avere una nuova possibilità per essere un “bravo” padre? Ecco comparire in scena, provocatoriamente indicati come cloni del primo, altri due figli più giovani, chimere di riscatto, come goffi e tragicomici tentativi di cancellare gli errori commessi.
Padri e figli, dunque: un rapporto ancestrale e archetipico, un legame significante capace di generare, o distruggere, identità. Nella riflessione sul ruolo genitoriale, non senza accenni al delicato tema della eugenetica, la natura generativa e biologica si trova spesso evanescente e ai poli opposti del condizionamento culturale.
Caryl Churchill, con il taglio di complessa originalità che la contraddistingue, si interroga sul tema della “replicabilità”, sul fatto che l’uomo, oggi, con l’avanzamento vertiginoso del progresso scientifico, può sostituirsi a Dio, può essere esso stesso Creatore e così come il sommo creatore, può creare tutti a sua immagine e somiglianza, oppure tutti i suoi figli così come li vuole, tutti fatti con lo stesso “materiale grezzo di base”, perfetti. Carini. La serialità, l’anonimato, la banalità della replica. Una riflessione sul valore della vita umana nella sua unicità, nella irripetibilità di ciascun uomo.
L’unicità di tale rapporto è, però, una certezza che si è sgretolata nella società contemporanea dove la replicabilità, la serialità e la stessa virtualità sono diventate i nuovi dogmi cui obbedire. Churchill è molto abile nel ribadire la singolare bugia raccontata da Salter a ciascun figlio, una patetica promessa di predilezione che di fatto pone di fronte alla inesauribile carica mistificatoria paterna.
Lo spettacolo è il terreno di confronto tra natura e cultura, entrambe partecipi di uno sviluppo che a volte progredisce per vie conflittuali. Così anche l’identità di ogni individuo è dotata di un complessità profonda, che scaturisce in parte dal dato naturale e biologico ma che è allo stesso tempo soggetta agli stimoli culturali inscindibilmente legati all’esperienza, a modelli comportamentali condivisi e alle strutture sociali.
Non mancano quesiti e provocazioni in chiave femminista: centrale è la figura materna presente nella sua assenza, che pone come fulcro del dibattito il tema della ripetibilità contrapposto a quello della fecondazione, dell’incontro, di corpi spesso raffreddati, in una logica di serialità.
INFO E PRENOTAZIONI
Biglietto mecenate: €20, per contribuire con una piccola donazione alle attività del MaMiMò
Biglietto intero €15, biglietto ridotto €13, promo 18-30 anni €11, soci MaMiMò €10.
Per informazioni e prenotazioni: www.mamimo.eventbrite.it, biglietteria@teatropiccolorologio.com, www.mamimo.it, 0522-383178, dal lunedì al venerdì, 9.30-13.30 e 14.30-18.30 e nei giorni di spettacolo.
In scena venerdì 19 e sabato 20 gennaio alle ore 21 al Teatro Piccolo Orologio, in via Massenet 23 a Reggio Emilia
La querelle tra unicità e replicabilità nel graffiante A number al Teatro Piccolo Orologio
Teatro Libero Palermo porta in scena il distopico testo di Caryll Churchill, che si interroga sulle tematiche sempre attuali della responsabilità genitoriale, nel rappporto padri-figli, e della dicotomia tra originalità e replicabilità.