Modena

3 e 4 dicembre: la seduzione del Sacro e il ‘favoloso violoncellista’ Michiaki Ueno

Dicembre inizia con un doppio appuntamento, corale e cameristico

Michiaki Ueno

MODENA – La Stagione dei concerti 2023-204 segna a calendario due appuntamenti per questa prima parte di dicembre.

Domenica 3 dicembre alle ore 17 presso la Chiesa di San Francesco saranno ospiti il Coro Filarmonico trentino diretto da Sandro Filippi e Gisela Iuretig e il Coro Luigi Gazzotti diretto da Giulia Manicardi.
Tra sacro e profano – questo il titolo del concerto –  offre una straordinaria varietà di ascolto e di approccio alla vocalità, percorrendo un arco temporale assai vasto ed esplorando lingue antiche e moderne, vicine e lontane.  Dall’immensità della musica di Monteverdi al misticismo contemporaneo di Tavener, non tralasciando di omaggiare capisaldi del romanticismo e tardo romanticismo europeo – Mendelssohn, Rheinberger, Grieg e Rachmaninov – i due cori hanno impaginato un programma dalle sonorità seducenti e di grande poesia musicale.
Il concerto è realizzato in collaborazione con AERCO (Associazione emiliano-romagnola cori).
L’ingresso al concerto è a offerta libera.
Il programma  
John Tavener: Mother of God, Here I Stand
Stefan Claas: Maria durch ein’ Dornwald ging
John Tavener: The Lamb
Eric Whitacre: Lux aurumque
Arvo Pärt: Bogoróditse Djévo
Sergej Vasil’evic Rachmaninov: Bogoroditse Devo
Josef Gabriel Rheinberger: Abendlied
Chris Artley: Loquebantur Variis LinguisThomas Tallis: O Nata Lux
Lodovico Grossi da Viadana: O Sacrum Convivium
Claudio Monteverdi: Cantate Domino
Felix Mendelssohn: Herr nun lässest du deinen Diener
Edvard Grieg: Ave Maris Stella
Sergej Vasil’evic Rachmaninov: Tebé poyém
Bruno Bettinelli: O Jesu Dolce – Ave Verum
arm. Bruno Rattini: Amazing Grace
Si prosegue con un concerto cameristico lunedì 4 dicembre alle ore 20.30 presso l’Auditorium Biagi (non presso l’Ex Cine-Teatro Arena, come precedentemente comunicato).
Un nuovo esordio a Modena per il violoncellista Michiaki Ueno, in duo con la pianista armena Ani Ter-Martirosyan
Definito da Yo-Yo Ma “violoncellista favoloso”, il ventottenne Michiaki Ueno è il vincitore del concorso internazionale di Ginevra del 2021.  Le sue performance si caratterizzano per grande eloquenza e carisma unite ad una padronanza tecnica assoluta mentre il repertorio scelto mette in evidenza la sua versatilità d’interprete, capace di penetrare autori e poetiche diversissime tra loro. Due i capolavori di inizio Novecento: la Sonata di Debussy, frutto del tardo periodo compositivo, essenziale e quasi scarna; la Sonata di Rachmaninov, opera giovanile, dalle vaste proporzioni dove l’intensità dell’invenzione melodica e formale è sostenuta da un formidabile virtuosismo. Completa l’affascinante programma la celebre sonata op. 69 n. 3 di Beethoven, spesso la preferita dei violoncellisti tra quelle del compositore, dove la compiutezza formale, la vena melodica e l’equilibrio nel dialogo tra gli strumenti raggiunge una sintesi di perfezione.
Il programma  
Claude Debussy (1862 – 1918)

Sonata in re minore n.1 L144

Ludwig van Beethoven (1770 – 1827)
Sonata in la maggiore op.69 n. 3

Sergej Rachmaninov (1873 – 1943)
Sonata in sol minore op.19

Info
Biglietto 13 euro
Ridotto (minori di 26 anni e studenti Conservatorio Vecchi-Tonelli) 5 euro
Biglietteria all’Auditorium Biagi 4 dicembre dalle ore 19.30
Prevendita online su liveticket.it
Intorno al programma
Scritta di getto e senza particolari tormenti creativi durante l’estate del 1915 – ci troviamo nel tratto finale della carriera di Claude Debussy – la Sonata per violoncello e pianoforte è la prima di un ciclo di Sei sonate progettate originariamente dal compositore e delle quali ne sono state effettivamente portate a compimento tre (la seconda, per flauto, viola e arpa; la terza, per violino e pianoforte).  Anche se orientato verso uno stile musicale più asciutto, di meno subitanea seduzione, definito da lui stesso per forma e proporzioni “quasi classico, nel senso buono del termine”, Debussy non si sfila completamente dalle fascinazioni e dalle influenze della pittura e della poesia. Ne è spia il titolo originario, poi accantonato, che probabilmente era destinato a questa composizione: “Pierrot faché avec la lune” (Pierrot irritato con la luna), titolo ispirato alla pittura di Watteau. Ed in effetti, tracce di atmosfere bizzarre, umoristiche e anche stralunate, sono evidenti soprattutto nello svolgimento del secondo movimento (Sérénade). Un terzo ed ultimo tassello è da aggiungere all’inquadramento di questa Sonata: la comprensione e la rielaborazione di linguaggi più antichi. Da una parte l’utilizzo di scale modali, dal sapore arcaico, come nel solenne Prologue e dall’altra un richiamo alle maniere e alle articolazioni strumentali dei clavicembalisti della tradizione francese.
La Sonata n. 3 in la maggiore op. 69 di Beethoven fu abbozzata nel 1807 e completata nel 1808. È probabilmente la preferita dai concertisti, tra le cinque beethoveniane, quella dove la concezione di poema dialogato tra pianoforte e violoncello si realizza in termini di più compiuta bellezza e di perfetto equilibrio strumentale. Una copia della prima edizione della Sonata riporta queste significative: «Inter lacrimae et luctum». Probabilmente Beethoven voleva riferirsi ai mali fisici dei quali aveva sofferto nel 1807 e 1808, ad alcuni progetti artistici sfumati (una proposta di contratto al Teatro Imperiale, il piano di un viaggio in Italia) ma anche alla sua precaria situazione finanziaria.  Siamo negli anni della V e VI Sinfonia e dunque non dovrebbe suscitare eccessiva meraviglia il fatto che dalle lacrime e del dolore sgorgassero note serene e gioiose come questa della Sonata in la. Del resto, sono molti gli esempi in Beethoven di catarsi di un dramma non rivelato o appena adombrato. L’Allegro d’apertura segue quelli che si considerano i paradigmi tradizionali della forma-sonata, senza alcuna eccezione di rilievo. Lo Scherzo, tutto punteggiato da una spiritosa acciaccatura, alterna due volte il modo minore e maggiore. Non consueta la funzione dell’Adagio cantabile: con le sue poche battute (18), funge da fase preparatoria al bellissimo Allegro vivace. Qui i due strumenti sembrano scorrere appaiati sul filo di una corrente sonora limpida e fresca, che solo incurva e rallenta appena il suo corso rettilineo là dove pianoforte e violoncello vogliono scambiarsi, con maggiore intimità, la seconda idea tematica del brano.
La Sonata per violoncello e pianoforte op. 19 di Sergej Rachmaninov si inserisce a pieno titolo tra quelle partiture fondamentali per questo tipo di formazione, per quanto ancora non sia molto eseguita. Siamo di fronte a una composizione dalle enormi proporzioni, sia strutturali (è formata da quattro ampi movimenti) sia tecnico-musicali. È il 1901 e il ventottenne Rachmaninov, dopo importanti problemi di salute, sta lavorando contemporaneamente al Concerto per pianoforte n. 2. Quest’ultimo lavoro influenza non poco l’opera 19; oltre a risentirne timbri, melodie e armonie, se ne rinviene l’idea strutturale: al pianoforte è chiesto uno sforzo tecnico titanico, quasi fosse una partitura solistica, e al violoncello si richiede un suono e un’idea orchestrale. L’iniziale tema in tempo 3/4 è affidato al violoncello e acquista ben presto un andamento più allegro che vede il pianoforte sostenere con piglio vigoroso la espressiva frase melodica. Il secondo movimento è pieno di chiaroscuri in un gioco di diminuendo e di crescendo tra i due strumenti, che danno vita ad una serie di figurazioni armoniche in cui il pianista ha la possibilità di dispiegarsi con eloquenza. Più semplice e cantabile è l’Andante successivo, dove Rachmaninov si abbandona al suo tipico crepuscolarismo che troverà nei Preludi il momento più emblematico della sua personalità di compositore. Ritmicamente saldo e punteggiato da armonie di gusto tardoromantico è l’Allegro finale, che si scioglie in una elegante e vivacissima coda, molto variopinta e frastagliata.
Michiaki Ueno

La performance eloquente e il carisma di Michiaki Ueno affascinano il pubblico. È stato elogiato per la sua musicalità unica e assolutamente naturale e per la sua tecnica superlativa. Non sorprende che Yo-Yo Ma lo abbia definito “violoncellista favoloso”. Nato in Paraguay nel novembre 1995, Michiaki ha iniziato lo studio del violoncello all’età di cinque anni in Giappone. Nel 2001 si trasferisce a Barcellona, dove studia con Iñaki Etxepare. Dopo essere tornato in Giappone nel 2004, ha studiato presso il Dipartimento di Musica del Toho Gakuen College, nel corso di diploma da solista con una borsa di studio completa sotto la guida di Hakuro Mohri. Nel 2015 si trasferisce in Germania, dove studia con Pieter Wispelwey alla Robert Schumann Hochschule di Düsseldorf. Nel 2021 è diventato artista residente presso la Queen Elisabeth Music Chapel in Belgio, dove studia con Gary Hoffman e Jeroen Reuling. Nel 2007, all’età di undici anni, ha tenuto il suo primo concerto presso la prestigiosa Suntory Hall, eseguendo il Concerto per violoncello di Lalo. Nel 2009, quando aveva solo tredici anni, è stato il primo giapponese a vincere il Concorso Internazionale Čajkovskij per giovani musicisti. Un anno dopo, ha vinto il primo premio al Romanian International Music Competition, aggiudicandosi anche il Premio dell’ambasciata rumena e il Premio per la cultura della Radio rumena. Nel 2014 ha vinto il primo premio al Concorso Internazionale “Johannes Brahms”. La sua vittoria più recente è stato il Primo Premio al Concorso Internazionale di Ginevra nel 2021 dove ha vinto anche tre premi speciali, tra cui il Premio assegnato dal pubblico giovane. Ha seguito masterclass con Steven Isserlis, Frans Helmerson, Ivan Monighetti, Miklós Perényi e Jian Wang. È stato invitato a festival musicali in tutto il mondo, partecipando tra gli altri al Festival Périgord Noir, al Montpellier Music Festival, al Pacific Music Festival, all’International Music Festival Nippon e al Takefu International Music Festival. Come solista, si è esibito con numerose orchestre come l’Orchestre de la Suisse Romande, la Warsaw Philharmonic Orchestra, la Lahti Symphony Orchestra, la KBS Symphony Orchestra, la Yomiuri Nippon Symphony Orchestra e la New Japan Philharmonic e molte altre. Come camerista, ha condiviso il palco con artisti tra cui Jean-Guihen Queryas, Daniel Sepec, Jose Gallardo, Tsuyoshi Tsutsumi e Akiko Suwanai. Michiaki ha ricevuto numerosi premi come il “Foundation for Youth Award” (2011), l’”Honorable Award” (2015) dalla Iwatani Tokiko Foundation, l’”Aoyama Music Prize”(2017) e l’Idemitsu Music Award (2022) come promettente astro nascente. È stato generosamente sostenuto dalla Japan Federation of Musicians, dalla Rohm Music Foundation, dalla Ezoe Memorial Recruit Foundation, dal Dr. Sieghardt Rometsch Stiftung e dal Dr. Carl Dörken Stiftung. Michiaki suona un violoncello PA Testore prestatogli dalla Collezione Munetsugu.

Ani Ter-Martirosyan

Il modo di suonare di Ani Ter-Martirosyan è caratterizzato da speciale emotività e passione. Lodata dai critici per il suo “delicato virtuosismo” (Neue Zürcher Zeitung) e il “suono poetico e pieno di sensibilità”, la pianista si è esibita in importanti sale da concerto come la Kölner Philharmonie, la Essener Philharmonie, la Robert Schuman Hall di Düsseldorf, l’Aachen Theater, il Wuppertal Historical Theater, Villa Borghese a Roma, Villa Medici Giulini a Milano e molte altre. Nata in Armenia ha iniziato a studiare pianoforte all’età di sei anni e successivamente ha intrapreso anche lo studio dell’organo. È entrata al Conservatorio di Stato di Yerevan, dove ha studiato nella classe di Anna e Sergei Sarajyan. In seguito è stata ammessa alla Hochschule für Musik und Tanz di Colonia dove è stata allieva di Pavel Gililov e Jacob Leuschner. Più recentemente ha studiato con Barbara Szczepanska alla Robert Schumann Musikhochschule di Düsseldorf dove si è laureata con lode. Ha concluso infine gli studi sul tema della Liedgestaltung nella classe di Ulrich Eisenlohr sempre presso l’HfMT di Colonia. Ha partecipato a numerose masterclass nel corso delle quali ha incontrato importanti personalità musicali come Ferenc Rados, Dmitry Baschkirov, Jacques Rouvier, Claudio Martinez Mehner e Gianluca Luisi, che hanno avuto un’enorme influenza sulla sua crescita dal punto di vista artistico. Quando era ancora una studentessa è stata premiata in prestigiosi concorsi e festival nazionali e internazionali, come il Concorso Internazionale Beethoven di Bonn, il Concorso Internazionale di Osimo, il Concorso Internazionale Ile de France, il Bachelor Awards, il BIS Festival Engadin in Svizzera, il Festival Allegro Vivo, l’International LiedDuo Groningen Competition nei Paesi Bassi, l’International Zeist Festival, il Festival della Ruhr. Ani Ter-Martirosyan beneficia di borse di studio concesse da varie istituzioni, tra cui la Fondazione Yehudi Menuhin, la Fondazione Wagner, la Fondazione Werner Richard – Dr. Carl Dörken, la Best of NRW, la borsa di studio statale tedesca, quella della Fondazione Sieghardt Rometsch, AGBU, della Fondazione Gulbenkian e di svariate altre. Di particolare importanza per il suo percorso artistico è stata la collaborazione con il Conservatorio di Santa Cecilia di Roma, dove ha avuto l’opportunità unica di suonare su strumenti storici come il clavicembalo e il fortepiano. Oltre a lavorare come solista, Ani si esibisce anche come partner versatile in formazioni cameristiche con diversi ensemble. E’ componente e co-fondatrice di “Altrio“. Parallelamente al repertorio classico-romantico, che è uno dei suoi punti di forza, Ani Ter-Martirosyan viene anche coinvolta nell’esecuzione di opere di compositori contemporanei. È membro dell’Associazione dei giovani compositori e interpreti armeni. Ani ha pubblicato con successo il suo primo CD da solista nel 2020 e sta attualmente lavorando a un altro CD sul tema della canzone d’arte che sarà pubblicato nell’autunno 2023 per l’etichetta tedesca Genuin. Accanto all’attività concertistica Ani Ter-Martirosyan coltiva con passione il proprio incarico come insegnante presso la Hochschule für Musik und Tanz di Colonia.

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Pubblicato da
Roberto Di Biase

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