Alle 16 nell’Aula dei Filosofi nell’ambito del ciclo “Bioetica/Scenari”
PARMA – Martedì 27 novembre, alle 16, nell’Aula dei Filosofi della Sede Centrale dell’Ateneo (via Università 12), si terrà la Lettura Magistrale La legge 194 quarant’anni dopo tenuta da Angela Spinelli, Direttrice del Centro Nazionale per la Prevenzione delle Malattie e la Promozione della Salute presso l’Istituto Superiore di Sanità.
Appuntamento ormai stabile nell’ambito delle attività dell’University Center for Bioethics, il ciclo di Letture Magistrali Bioetica/Scenari rappresenta una importante opportunità di riflessione e confronto intorno alle sfide poste dallo sviluppo scientifico e tecnologico sul piano etico, giuridico, economico e sociale, offrendo alla cittadinanza, al contempo, appuntamenti di elevata divulgazione.
Questa nuova edizione sarà avviata, dopo i saluti e l’introduzione del prof. Antonio D’Aloia, Direttore del Centro Universitario di Bioetica, da Angela Spinelli, la quale ha maturato una lunghissima esperienza riguardo alle specifiche questioni attinenti alla tutela della salute della donna. Svolge specifiche ricerche dai primi anni ’80, fino a giungere alla direzione dell’Unità Operativa Tutela Materno-Infantile presso l’Agenzia di Sanità Pubblica della Regine Lazio e, successivamente, del Reparto Salute della Donna e dell’Età evolutiva dell’ISS.
La dott.ssa Angela Spinelli terrà una Lettura dal titolo La legge 194 quarant’anni dopo, che vuole essere una occasione per riflettere sul contesto sociale, politico e giuridico dell’epoca in cui la Legge n. 194 del 1978 è stata approvata (definita, in molte parti, come “legge a contenuto costituzionalmente vincolato”) e, al contempo, sulle diverse criticità applicative di tale legge, riscontrate, nei suoi quarant’ anni di vigenza.
Tale legge, infatti, posta a salvaguardia dell’inviolabile diritto alla salute psicofisica della donna-gestante, rappresenta tutt’oggi un importante ‘crocevia’ (e un equilibrato bilanciamento) di diritti e interessi costituzionalmente rilevanti, come il diritto fondamentale alla salute della donna, correlato al suo diritto ad una maternità responsabile e l’interesse costituzionalmente tutelato del concepito; il diritto di accesso a servizi pubblici in grado di garantire efficacemente l’interruzione volontaria della gravidanza (e il correlato dovere delle Istituzioni pubbliche di soddisfare tale diritto) e la contrapposta libertà di coscienza del personale medico-sanitario di astenersi dal praticare l’interruzione volontaria della gravidanza.
Tuttavia, nonostante ciò, essa è stata fin da subito ‘ostaggio’ di fronti politici e culturali contrapposti e, alla prova dei fatti, nel darvi applicazione, sono emerse diverse criticità, concernenti il concreto rischio di frustrazione del diritto della donna ad accedere a strutture pubbliche per praticare l’interruzione volontaria della gravidanza, a causa dall’elevato numero di medici obiettori di coscienza (come osservato dal Comitato europeo dei diritti sociali nelle decisioni del 2014 e del 2016); la necessità delle Strutture Ospedaliere Italiane di rinvenire ‘nuovi’ strumenti di diritto amministrativo in grado di garantire l’effettiva operatività dei bilanciamenti in essa riflessi; la disomogenea organizzazione, da un punto di vista territoriale, di tale servizio; il finanziamento dei consultori familiari ed, infine, la pratica dell’aborto farmacologico.