Questo l’intervento del sindaco Matteo Lepore:
Un caro saluto alla cittadinanza presente oggi in Piazza, alle autorità militari e civili, alle istituzioni e ai gonfaloni delle associazioni che da sempre prendono parte a questa cerimonia, i deportati e le deportate, la comunità ebraica, i partigiani e le partigiane.
E grazie in modo particolare ai genitori che hanno deciso di accompagnare in Piazza i propri figli, per partecipare assieme.
Grazie ai ragazzi delle scuole presenti qui oggi o che stanno partecipando alle varie iniziative per la Festa della Liberazione.
Per molti di voi questo 25 aprile sarà il primo, la prima volta.
Una bella giornata di Festa avvolta nella bandiera tricolore, piena di musica, di impegno e riflessione.
Ed è in particolare ai più giovani che intendo dedicare questo nostro 25 Aprile.
Scriveva Calvino nel Libro le Città invisibili: “L’inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n’è uno, è quello che è già qui, l’inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l’inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio.”
Questo 25 aprile mi auguro faccia riflettere tutti noi.
Per lo stesso motivo promuoviamo percorsi insieme all’ANPI, a tante istituzioni e alle scuole.
Cito tra tutti il Docufilm promosso da ANPI (di Paolo Soglia e Lorenzo K. Stanzani “IL BIENNIO NERO”, Lo squadrismo in Emilia-Romagna 1920/1922), in collaborazione con Cineteca.
Un progetto pensato per le scuole, che affronta l’ascesa del fascismo, l’accanimento della violenza squadrista, che dilagò nel primo dopoguerra nella nostra terra; una terra di lotte operaie e contadine, dove quella violenza aveva lo scopo preciso di eradicare l’emancipazione delle classi sociali legate alla terra e al salario.
Questo progetto, “Il Biennio Nero” è un lungo viaggio attraverso l’Emilia-Romagna di una ventina di alunni delle scuole medie Guido Reni di Bologna. Un viaggio che li ha portati ad incontrare la Storia, quella che porta dritti al fascismo e come si arriva dalla violenza squadrista alla dittatura.
Un viaggio che segna l’esperienza di queste ragazze e ragazzi, la loro conoscenza, la consapevolezza che affiora sui loro volti, e che si fa strada attraverso tante domande su quel periodo.
Particolare attenzione ai giovani ha come sempre voluto riservare una persona speciale, il garante per eccellenza della nostra Costituzione Repubblicana: il Presidente Sergio Mattarella.
Nel suo recente intervento all’Università Jagellonica di Cracovia, in Polonia, accanto al Presidente Duda, ha voluto ricordare i nomi di alcune personalità, evocativi dei profondi legami tra i nostri due Paesi, come Niccolò Copernico, Papa Giovanni Paolo II, Wislawa Szymborska Premio Nobel per la letteratura.
Ha voluto farlo perché quella Università e la città dove essa ha sede, sono luoghi simbolici per la Polonia e non soltanto per la Polonia: lo sono dell’intera cultura europea.
“Alle nostre spalle stanno secoli di tragedie in cui i popoli europei si sono contrapposti – ha detto Mattarella – La vostra terra ne è stata testimone e vittima, nella ricerca dell’indipendenza, nella conquista della libertà”.
Ho voluto riprendere le importanti parole del Presidente Mattarella per due motivi.
In primo luogo, perché la visita del Presidente in Polonia ha suggellato 78 anni di legami stretti e indissolubili con il paese alleato che per primo ebbe l’onore di liberare la nostra amata città, Bologna.
Alle 6 del mattino del 21 aprile, infatti, entrarono in città da est le prime unità combattenti alleate: sono le avanguardie del 2° Corpo Polacco dell’VIII Armata, al comando del generale Wladislaw Anders.
Alle 8 giunsero da sud i reparti avanzati della 91a e 34a divisione americana, dei gruppi di combattimento italiani “Legnano” (battaglione bersaglieri “Goito”), “Friuli”, “Folgore” e una parte della brigata partigiana “Maiella”, comandata dal ten. col. Ettore Troilo, che pochi giorni fa abbiamo voluto ricordare presso l’omonimo giardino nel Quartiere Savena.
I soldati italiani vennero fermati alle porte della città per dare la precedenza a quelli polacchi, che videro così riconosciuti i sacrifici sostenuti nella campagna militare lungo lo stivale.
Il nuovo sindaco Dozza dichiarò: “nell’assumere la carica, all’atto della liberazione della città, attesto che le truppe del 2° corpo d’armata polacco, dopo violenta battaglia contro i tedeschi, hanno liberato la città di Bologna”. Questa scritta appare oggi nella targa commemorativa posta presso Porta Maggiore, accanto a una corona di fiori.
Il Sindaco partigiano e comunista Dozza qualche gg dopo, il 25 aprile, avrebbe consegnato la propria pistola al generale americano Hume, fuori dal Palazzo Comunale.
La mattina del 21 aprile, sarà il cappellano militare polacco don R. Giovanni Grzondziel a fissare sulla cima della torre Asinelli una grande bandiera con i colori – bianco e rosso – della sua Polonia.
Piazza Maggiore diventava a poco a poco un grande parcheggio di mezzi militari alleati. Ovunque la popolazione bolognese accorreva ebbra di gioia e circondava i soldati liberatori.
Un testimone ricorderà: “Rapidamente le strade si animarono di migliaia e migliaia di cittadini, che diedero vita a una festa indimenticabile, fantastica. La gente, a un tratto, riprese il gusto di ridere, di urlare, di chiamarsi, di fare dei salti e di baciarsi …”
Nella tarda mattinata il presidente del CLN regionale Antonio Zoccoli, il prefetto Gianguido Borghese e il sindaco designato Giuseppe Dozza si affacciarono alla folla dal balcone di palazzo d’Accursio, per una foto che rimase storica. Le nuove autorità accolsero poi gli ufficiali alleati e il Sindaco Dozza fece loro firmare la prima pagina del nuovo libro d’onore del Comune. Pagine che mi onoro di mostrare ogni qual volta una scolaresca o un ospite importante viene in visita.
Ricordatevelo cari concittadini bolognesi la Memoria è il nostro orgoglio. Il patrimonio fondativo del quale questa città medaglia d’oro per la Resistenza può andare fiera.
Quella Memoria che per anni abbiamo dovuto difendere e che tuttora difendiamo contro attacchi palesi o nascosti dietro a un velo di revisionismo e ipocrisia.
Il secondo motivo per cui vorrei ringraziare il nostro Capo dello Stato è la sua pervicace difesa della nostra Costituzione Repubblicana e antifascista.
Grazie Presidente!
Mattarella ha dimostrato, semmai ce ne fosse ancora il bisogno, di rappresentare il pieno il significato dell’espressione alta carica dello Stato, figura capace cioè di unire la nostra patria nel momento del bisogno, proponendo il punto più alto di incontro e riflessione comune, non al contrario il punto più basso del compromesso o della polemica ideologica.
Il Presidente Mattarella rappresenta e tutela l’onore della nostra patria italiana e nel contesto europeo l’ha dovuta più volte proteggere dalla demagogia populista e sovranista.
È seguendo il suo esempio che i rappresentanti delle istituzioni repubblicane dovrebbero svolgere il proprio compito.
È un richiamo che faccio per prima cosa a me stesso in questo 25 aprile.
Ringrazio anche per questo sentitamente quanti tra le fila del Governo italiano hanno deciso di festeggiare con noi questa data così importante.
Da Sindaco di Bologna, città medaglia d’oro militare alla Resistenza e civile per i soccorsi del 2 agosto, sento in aggiunta il dovere di affermare che non sono le camicie nere di allora a doverci spaventare ma i revisionismi o nuovi fascismi dell’oggi.
L’antifascismo dell’oggi dovrebbe guardare con attenzione alle violenze e ai nuovi muri che si vogliono alzare in Europa.
Le violenze perpetrate contro i migranti, il razzismo che si manifesta senza più vergogna nè freno.
La promozione di modelli omofobi o misogeni come quelli del Presidente Ungherese Orban.
Gli attacchi al corpo e all’autodeterminazione delle donne, considerate spesso nel linguaggio di certa politica destinate unicamente alla casa e alla fertilità demografica.
Anche e soprattutto di queste cose si alimentano i nuovi fascismi. Nel mondo e in Italia.
Di odio, di patriarcato, di sopraffazione.
Affermava Sandro Pertini: “La Costituzione è un buon documento; ma spetta ancora a noi fare in modo che certi articoli non rimangano lettera morta, inchiostro sulla carta. In questo senso la Resistenza continua”. Se rileggo gli articoli fondamentali della Costituzione penso che Pertini abbia ancora ragione da vendere.
Si può pensare che queste posizioni che ho espresso fino a ora siano posizioni di parte?
Io mi auguro davvero di no.
Così come mi auguro non trovino indifferenza, né sostegno i ripetuti tentativi di revisionismo a cui assistiamo sovente.
Mai come in questa giornata la storia deve essere maestra di vita.
Cito qui una testimonianza di quello che fu. Ogni volta che la rileggo ho i brividi lungo la schiena.
Ecco quanto pubblicava il n. 243 di un importante giornale cittadino locale mercoledì 11 ottobre 1944, anno XXII dell’Era Fascista, nella cronaca di Bologna:
«Le solite voci incontrollate, prodotto tipico di galoppanti fantasie in tempo di guerra, assicuravano fino a ieri che nel corso di una operazione di polizia contro una banda di fuorilegge ben centocinquanta fra donne, vecchi e bambini, erano stati fucilati da truppe germaniche di rastrellamento nel comune di Marzabotto. Siamo in grado di smentire queste macabre voci e il fatto da esse propalato. Alla smentita ufficiale si aggiunge la constatazione compiuta durante un apposito sopralluogo. Siamo dunque di fronte a una manovra dei soliti incoscienti, destinata a cadere nel ridicolo perché chiunque avesse voluto interpellare un qualsiasi onesto abitante di Marzabotto o, quanto meno, qualche persona reduce da quei luoghi, avrebbe appreso l’autentica versione dei fatti».
Brividi lungo la schiena, appunto.
Fin dal mese di agosto del 1944, dopo la liberazione di Firenze, l’esercito alleato e l’esercito nazista si fronteggiano sulla linea gotica. L’area di Monte Sole (Bologna), compresa tra le valli del Reno e del Setta (attuali comuni di Marzabotto, Monzuno e Grizzana), costituisce l’immediata retroguardia difensiva dell’esercito nazista.
Tra la metà e la fine di settembre 1944, il comando della 16° Divisione Corazzata Granatieri delle SS decide una operazione militare per “l’annientamento dei gruppi partigiani e il rastrellamento del territorio nemico”. Questa operazione, affidata al comando del maggiore Walter Reder, si svolge tra il 29 settembre e il 5 ottobre del 1944. Tutta l’area viene circondata da circa 1000 soldati, tra cui elementi italiani appartenenti alla Guardia nazionale repubblicana fascista. Divisi in 4 plotoni rastrellano l’intera zona da sud, da nord, da est, da ovest. Bruciano le case, uccidono gli animali e le persone. Il bilancio dei 7 giorni di eccidio è di 770 vittime di cui 216 bambini, 142 ultrasessantenni, 316 donne. L’eccidio viene compiuto in 115 luoghi: paesini, case sparse, chiese.
Cari bolognesi, quasi 80 anni dopo, la giudice del tribunale civile di Bologna Alessandra Arceri ha condannato la Repubblica Federale Tedesca a risarcire 33 persone tra familiari ed eredi di alcune delle vittime del massacro. Secondo la sentenza i soldati “agirono seguendo l’ordine di uccidere tutti e distruggere tutto. Le atrocità compiute – scrive la giudice – non dipendevano da scelte individuali, ma erano parte integrante di un preciso disegno strategico ideato al vertice del Reich”.
I depistaggi e i revisionismi di ieri siano monito per l’oggi!
Cito le motivazioni pubblicate il 5 aprile 2023 in conclusione del processo di primo grado sui mandanti per la Strage del 2 agosto 1980, a firma dei giudici del Tribunale di Bologna: < Le cause vanno dunque comprese, dice ancora la sentenza, «allargando il campo di osservazione», guardando la «situazione politico-internazionale del paese» e le relazioni tra il terrorismo fascista e le «centrali operative della strategia della tensione» nella fine degli anni Settanta. In sostanza secondo i giudici gli esponenti di alto livello della P2 non furono solo ispiratori della strage, e non tentarono solo di depistare le inchieste giudiziarie relative, ma ebbero un ruolo più attivo.
Per 43 anni abbiamo assistito a menzogne e depistaggi attorno alla strage del 2 agosto. L’ultimo depistaggio, riconosciuto da una sentenza, risale addirittura al 2022.
Per questo ci preoccupiamo ogni qual volta qualcuno propone di istituire una commissione d’inchiesta sugli anni di piombo per indagare “sulla violenza politica” negli anni ’70 e ’80, senza riconoscere le sentenza dei tribunali. A chi giova tutto ciò?
E ancora. Abbiamo appreso che la Presidenza del Consiglio dei Ministri avrebbe inserito nel Comitato Consultivo per la desecretazione degli atti delle stragi una rappresentante dell’Associazione per la Verità sul Disastro Aereo di Ustica, quella stessa associazione che – contro ogni evidenza giudiziaria e storica, in aperto contrasto con l’Associazione dei familiari delle Vittime di Ustica – continua a sostenere attraverso suoi esponenti di spicco la tesi di comodo della bomba. Una tesi smentita da sentenze di Tribunale della Repubblica italiana.
Allora io mi appello al Presidente Mattarella, al Governo, al Parlamento e al buon senso. Qui non è in discussione solo il valore vero della Festa del 25 aprile, la frase imbarazzante di un ministro o le nostalgie di un Presidente del Senato, ma c’è qualcosa di più.
Vogliamo essere forti, uniti e liberi come Paese?
Allora insieme, da parti politiche anche contrastanti, agiamo senza tentennamenti per isolare chi trama nell’ombra, chi insiste nel negare la storia e il diritto alla giustizia.
“La menzogna non è nel discorso, è nelle cose.” Scriveva Calvino.
Da questa città partigiana, da questa terra ricca di tradizione di lotta per la liberazione degli uomini dall’ingiustizia, noi dobbiamo riaffermare che la Costituzione è la strada necessaria per contrastare vecchi e nuovi fascismi: nessun’altra può avere successo, nessuna scorciatoia è idonea e possibile, se non si vuol scendere sul terreno minato dei nemici della democrazia.
Disse Aldo Moro nel 1975:
“Il nostro antifascismo non è dunque solo una nobilissima affermazione ideale, ma un indirizzo di vita, un principio di comportamenti coerenti. Non è solo un dato della coscienza, il risultato di una riflessione storica; ma è componente essenziale della nostra intuizione politica, destinata a stabilire il confine tra ciò che costituisce novità e progresso e ciò che significa, sul terreno sociale come su quello politico, conservazione e reazione.
Intorno all’antifascismo è possibile e doverosa l’unità popolare, senza compromettere d’altra parte la varietà e la ricchezza della comunità nazionale, il pluralismo sociale e politico, la libera e mutevole articolazione delle maggioranze e delle minoranze nel gioco democratico”.
Insieme, dunque, riflettiamo. Le radici del fascismo sono ramificate e profonde. Superano i nostri confini e la nostra stessa immaginazione a volte toccano l’animo profondo dell’essere umano e ci contaminano rendendoci indifferenti.
Non disperdiamo la lezione dei partigiani e delle partigiane, facciamone ancora una volta la nostra forza. Facciamo della solidarietà la nostra bandiera.
Fino a quando avremo vita, continueremo a vigilare, a essere sentinelle della democrazia.
A lottare per la libertà e portare fiori in questo giorno di Festa al Sacrario dei partigiani.
Viva il 25 aprile! Viva l’Italia Libera! Viva Bologna!
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