22 novembre: Claudio Zambianchi alle Lezioni Roberto Tassi 2024

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Alle 17 all’APE Parma Museo. Lo storico dell’arte presenterà il libro Tempo e natura: scritti sul paesaggio di Roberto Tassi

PARMA – Torna venerdì 22 novembre l’appuntamento con le Lezioni Roberto Tassi 2024, organizzate dall’omonimo Fondo librario dell’Università di Parma. Quest’anno sarà ospite lo storico dell’arte Claudio Zambianchi, che presenterà il libro Tempo e natura: scritti sul paesaggio di Roberto Tassi (edizioni Il Mulino, collana Tracce).

La lezione, introdotta dal Presidente del Fondo librario Roberto Tassi Ivo Iori e dal docente del Politecnico di Milano Luca Monica, si terrà alle 17 all’APE Parma Museo (strada Farini 32/a, Parma).

Claudio Zambianchi ha studiato alla Sapienza di Roma e alla Southern Methodist University di Dallas. Ha scritto per cataloghi, riviste e quotidiani sull’arte inglese tra fine Ottocento e primo Novecento, sull’arte americana, sull’arte italiana dopo il 1945 e sull’arte francese fra impressionismo e postimpressionismo. Ha pubblicato libri su Claude Monet e sull’arte fra 1945 e 1965. Ha insegnato alle Accademie di Belle Arti di Torino e Milano e dal 1998 insegna Storia dell’arte contemporanea a Sapienza Università di Roma.

Scrive Roberto Tassi in Tempo e natura: sull’epistolario di Claude Monet (Fondazione Cini, settembre 1990): «Se guardiamo tutta l’opera di Claude Monet, se cerchiamo di rappresentarci, di farci passare davanti, in un’unica sequenza, l’insieme dei quadri da lui dipinti, attraverso i vari momenti, i diversi periodi, le numerose modificazioni, vediamo un grandioso percorso, che si sviluppa in progressione verso un esito finale. Raggiunto il quale Monet ha terminato la sua opera e la sua vita. Ci accorgiamo allora di aver assistito a un’infinita epopea del tempo. E non ci sembrerà troppo azzardato ricordare che À la recherche du temps perdu è forse, anche, un percorso dal tempo al Tempo (la prima e l’ultima parola del libro) e che Marcel Proust può morire, e infatti muore, dopo aver scritto la parola fine. L’opera finale di Monet è la Grande Décoration delle Nymphéas destinata all’Orangerie. E il percorso che a lei porta appare progressivo solo perché quell’opera è un coronamento, di insondabile profondità, che getta luce di comprensione su tutto il lavoro precedente. Ma per il giudizio estetico, nel lavoro di Monet non c’è progresso, poiché bellezza e poesia sono ugualmente distribuite per ogni periodo e quasi per ogni opera».

L’incontro vale per l’aggiornamento insegnanti (piattaforma SOFIA)

Per prenotazioni: info@apeparmamuseo.it