BOLOGNA – Il sindaco di Bologna, Matteo Lepore, è intervenuto questa mattina in Piazza Medaglie d’Oro dopo il minuto di silenzio in memoria delle vittime della strage alla stazione del 2 agosto 1980.
Di seguito il discorso pronunciato dal Sindaco.
“Caro Paolo, cari familiari delle vittime.
Come Sindaco di Bologna intendo qui oggi esprimervi la grande vicinanza e la gratitudine della nostra città.
Hai detto bene Paolo: “se c’è una lezione che abbiamo imparato in questi 42 anni, è che ogni grande cambiamento inizia con una semplice azione e con la scelta di fare la propria parte”.
“Perché è sempre il momento giusto, per fare qualcosa di giusto”.
Saluto le autorità civili e militari presenti, i tanti sindaci e amministratori venuti da ogni parte d’Italia con i loro gonfaloni e le fasce tricolore.
Saluto in particolare i più giovani, voi che non eravate ancora nati quel giorno.
Soprattutto saluto voi, cittadini bolognesi, anche quest’anno così presenti e numerosi.
Insieme all’Associazione dei familiari delle vittime alcuni giorni fa abbiamo dato un annuncio.
La notizia cioè che la sede dell’associazione, il suo prezioso archivio con le carte e la documentazione raccolta negli anni, così come le attività didattiche così preziose per tutti noi, da settembre prossimo, saranno ospitate a Palazzo d’Accursio nella sede del nostro Municipio.
Nella casa di tutti i bolognesi, laddove vogliamo custodire e proteggere le cose più care, tenendole vicine al cuore.
Questa scelta farà parte di un progetto più ampio sulla Memoria del quale parlerò, ma è allo stesso tempo una scelta politica, una scelta di campo.
Continueremo a batterci, infatti, per proteggere chi in questi 42 anni si è speso senza sosta per la verità e la giustizia.
È nostra intenzione proteggere chi in questi 42 anni non ha mai smesso di chiedere fosse fatta luce su una strage terribile, che oggi grazie, a una sentenza di un Tribunale della Repubblica, sappiamo essere stata progettata e finanziata dai vertici della loggia massonica P2, coperta consapevolmente dai vertici dei servizi segreti italiani, eseguita da terroristi fascisti.
Anche così continueremo a batterci per proteggere ciò che una parte marcia e corrotta dello Stato Italiano, per 42 lunghi anni ha calunniato e offeso.
Tutte le sigle dell’estremismo neofascista erano presenti quel giorno a Bologna.
Quelle sigle, quelle sigle, che purtroppo ritroviamo seguendo un filo nero, il filo che ha accompagnato la lunga e complessa vicenda democratica del nostro paese, sono presenti ancora ai giorni nostri.
I reati di depistaggio più recenti risalgono al 2019.
Poco prima che il paese venisse chiuso per pandemia, ancora una volta alcuni servitori infedeli dello Stato ci pugnalavano alle spalle.
Bologna è stata ferita a morte.
Bologna è stata colpita più volte.
Qualcuno mi ha detto “non dobbiamo spaventare le persone, non dobbiamo più parlare di questi argomenti non interessano più”.
Ma io qui vi dico, No!
Come Sindaco della città medaglia d’oro della Resistenza e medaglia d’oro al valor civile non posso e non voglio girarmi dall’altra parte ogni qual volta il fascismo si ripresenta nelle sue nuove e perverse forme.
Siano esse terrorismo.
Razzismo e omofobia.
Odio e intolleranza.
Non voglio e non posso.
Il medico che arrivò con la prima ambulanza alla stazione distrutta 10 minuti dopo lo scoppio, così racconta:
“Una polvere grigia sembrava ricoprire anche il cielo, un odore acre, ricordo indelebile delle bombe e tanto sangue scuro e pezzi di corpi a terra. Si sentivano lamenti sordi e richieste di aiuto e subito dopo urla, bestemmie e imprecazioni di vivi sgomenti, insanguinati, che si aggiravano intorno, tra i tanti a terra, bisognava distinguere i vivi dai morti.
Era difficile separare i vivi dai morti, che spesso avevano intorno i loro congiunti. Una strage è così.”
Il 2 agosto 1980, un micidiale ordigno posto nella sala d’aspetto di seconda classe della stazione di Bologna costò la vita a 85 persone e ne ferì 200.
Voglio citare qui le parole che voluto leggere, chiamato a testimoniare da Sindaco nel processo ai mandati, dove il Comune di Bologna era parte civile.
Sono le parole che il sindaco Renato Zangheri il 9 agosto 1974 in Piazza Maggiore pronunciò dopo la strage dell’Italicus, che causò 12 morti e 48 feriti, vittime che ricorderemo a San Benedetto Val di Sambro:
“Il fascismo è il cieco odio per la libertà delle persone, per la libera competizione delle idee, per l’avanzamento dei lavoratori, che costituisce l’essenza del fascismo e che si manifesta in questo momento nelle forme più atroci del terrorismo.
Ma un cordone ombelicale lega i terroristi ai lividi ideologhi neonazisti, agli esponenti del regime, impuniti e ricomparsi sulla scena politica.
Comune è il loro obiettivo di screditare la democrazia e ferirla a morte, comune il loro disprezzo per la vita e la dignità dell’uomo.
A pochi chilometri da San Benedetto Val di Sambro c’è un paese i cui abitanti furono sterminati col ferro e col fuoco dalle belve naziste. Loro alleati e complici erano i fantocci fascisti.
Le odierne alleanze e complicità non possono più a lungo restare nascoste.
I figli dei carnefici di Marzabotto sono tornati a colpire con la stessa disumana ferocia”.
Cari bolognesi, noi abbiamo le nostre cicatrici. Abbiamo i nostri morti.
Ce lo ricorda questo orologio fermo alle 10.25.
Ce lo ricorda il relitto del Dc9 di Ustica, custodito nel Museo della Memoria a pochi passi da qui.
81 morti.
Ce lo ricordano i cippi delle vittime innocenti per mano della banda della Uno Bianca.
24 morti e più di 100 feriti.
Ce lo ricordano, il museo memoriale spontaneo che gli operai delle Officine Grandi Riparazioni hanno organizzato per i loro quasi 400 colleghi uccisi dall’amianto, per anni tenuti nel silenzio.
Cari bolognesi, noi abbiamo i nostri morti, ce li ricorda un sacrario in Piazza del Nettuno creato dalla partecipazione popolare, dai sentimenti di donne e uomini che affissero autonomamente le foto dei propri cari.
Sono loro, anche loro, quei partigiani e quelle partigiane le colonne portanti della nostra democrazia.
E accanto a loro, ci sono i morti della stazione.
A due di loro in particolare, il 23 ottobre scorso è stata intitolata la scuola primaria dell’Istituto Comprensivo 4 nel Quartiere Navile.
Sono Kai ed Eckhart, che a 8 e 14 anni hanno perso la vita assieme alla loro madre nella strage alla Stazione.
Il 2 agosto 1980 la famiglia Mader era lì, perché aveva scelto di passare le vacanze estive, era la prima volta che i due ragazzi provenienti dalla Germania, vedevano il mare.
Li abbiamo ricordati ieri a Corticella, a due passi da Villa Torchi dove su una lapide sono scritti i loro nomi e quelli di altri 5 bambini rimasti vittime della bomba.
Ero sindaco da pochi giorni, quando ho abbracciato il padre di Kai e di Eckhart, il signor Horst. Con me centinaia di cittadini e le insegnanti della scuola.
Le voglio ringraziare qui da questo palco quelle insegnanti. Sono sicuro siano tra voi in questa piazza.
Pochi minuti dopo quella terribile esplosione, Bologna ha risposto come è abituata a fare.
Una risposta di donne e di uomini, cittadini, personale sanitario, vigili del fuoco, militari e forze dell’ordine, dipendenti del Comune, ferrovieri, tutti accorsi in questa stessa piazza, per fare la propria parte, aiutare chi era sotto le macerie, mettere in salvo vite umane.
Una risposta che è valsa a questa nostra comunità una medaglia d’Oro al Valor Civile.
Una medaglia che ogni giorno, ogni giorno, di generazione in generazione, dobbiamo essere capaci di tramandare.
Ecco perché ogni anno facciamo di questo dolore un momento di raccoglimento e di militanza.
Ecco perché scendiamo piazza ancora dopo 42 anni e ancora continueremo a venire fino a quando la Repubblica Italiana non avrà riconosciuto nei Tribunali i nomi di tutti i responsabili, tutti i mandanti, tutti i fiancheggiatori della strage.
Fino a quando la Storia del nostro Paese così tradito e vilipeso non sarà riscattata.
Bologna città colpita a morte, proprio qui tra pochi mesi aprirà un cantiere, un nuovo cantiere dedicato al Polo della Memoria.
Grazie ai fondi del PNRR e a un accordo con Ferrovie, il Comune di Bologna avrà in dotazione 8 mila mq della Stazione 2 Agosto.
Ne faremo un centro culturale tra i più importanti del paese. Riuniremo archivi e istituti di cultura.
Dalla memoria lavoreremo per raccontare cosa è stata Bologna per l’Italia nel ‘900 e cosa può essere l’Italia di domani. Perché non c’è futuro senza memoria.
Una città che ha lottato per la Democrazia e la Costituzione.
Una città ferita più volte e che più volte si è rialzata.
La città culla dei diritti e del lavoro, la città dell’emancipazione e del progresso.
La città che si batte ogni giorno, affinché nel nostro paese verità e giustizia ritornino.
Cari cittadine e care cittadine di questa straordinaria città, mi rivolgo a voi.
Chi vi parla è il primo Sindaco di Bologna nato dopo lo scoppio della bomba alla stazione, il 10 ottobre 1980.
Nonostante questo, dentro di me riecheggiano il rumore e la polvere di quella giornata.
E per questo voglio ringraziare l’associazione dei familiari delle vittime, a nome della mia generazione e delle generazioni a seguire.
Senza di loro, senza le marce con i fiori bianchi indossati dai familiari da Piazza Maggiore a Piazza Medaglie d’oro, senza le staffette podistiche, i progetti della memoria nelle scuole, senza le battaglie condotte in solitudine, senza la proposta di legge per il reato di depistaggio che Paolo Bolognesi ha ottenuto in Parlamento, senza i magistrati coraggiosi della Procura Generale e gli avvocati di parte civile, senza la Regione Emilia Romagna che ha deciso di digitalizzare gli atti, senza i componenti delle forze dell’ordine che hanno fatto il loro dovere, ma soprattutto senza l’amore dell’associazione per i propri cari e per Bologna, io, noi, non saremmo qui.
Cari cittadine e care cittadine, mi rivolgo in particolare ai più giovani, senza di loro senza i familiari, Noi non saremmo quello che siamo.
Disse il sindaco Zangheri di fronte al Presidente della Repubblica Pertini – “Sulla linea che divide la democrazia dall’eversione non arretreremo, al contrario combatteremo con maggior vigore e coscienza più chiara della posta in gioco. È una posta altissima.
Sono attaccate le conquiste costituzionali, il diritto dei lavoratori a costruire una società più giusta, le attese delle giovani generazioni, l’esigenza umana e politica del cambiamento.
Ci batteremo duramente perché questa prospettiva non sia negata.
Abbiamo forze e convinzioni che non si esauriscono nel giro dei giorni e degli anni”.
Sono passati 42 anni, un tempo infinito per chiedere giustizia. Ma non è ancora finita.
E Noi non ci fermeremo.
Grazie a tutte e tutti voi per essere venuti”.