MODENA – I modenesi furono chiamati alle urne per eleggere il primo consiglio comunale a suffragio universale il 31 marzo 1946. Gli elettori erano in tutto 71 mila 663 e le donne erano il 53 per cento degli aventi diritto (37 mila 988). Votarono 63 mila 798 cittadini e cittadine, l’89 per cento del corpo elettorale. Furono eletti, con il metodo proporzionale, quaranta consiglieri, di cui tre donne. Venti rappresentavano il Pci, otto il Psi, 11 la Dc e uno il Pli. Il primo Consiglio si riunì il 20 aprile e durante la seduta fu eletto sindaco Alfeo Corassori, con 28 voti a favore e 11 schede bianche. Corassori era stato il sindaco nominato dal Cln e fu riconfermato nella carica fino al 1962. La Giunta, anch’essa eletta dal Consiglio, era formata da sei assessori effettivi e due supplenti, di cui una donna.
A fare il quadro dei primi passi della democrazia a Modena dopo il periodo fascista, nella seduta di mercoledì 20 aprile, in occasione della celebrazione del 70esimo anniversario dell’insediamento del Consiglio comunale, è stato il sindaco di Modena Gian Carlo Muzzarelli. Il momento di memoria, cui hanno preso parte autorità civili e militari e al quale sono stati invitati a partecipare coloro che hanno ricoperto l’incarico di consigliere comunale nelle legislature repubblicane, ha preso il via alle 17.30 nella sala del Consiglio del Palazzo comunale con l’introduzione della presidente del Consiglio Francesca Maletti. Sono seguiti gli interventi del sindaco Gian Carlo Muzzarelli e della presidente provinciale Anpi Modena Aude Pacchioni e, dopo un dibattito il Aula, ha concluso i lavori il già vicepresidente della Camera dei deputati Pierluigi Castagnetti.
“È molto importante ritrovarci oggi in questa sala consiliare – ha affermato la presidente Maletti – che è la Casa di tutti i modenesi, a 70 anni esatti dall’insediamento del primo Consiglio comunale dopo gli anni del fascismo e del nazismo. È importante per ringraziare le consigliere e i consiglieri di minoranza e di maggioranza, gli assessori e i sindaci che si sono succeduti in queste 15 legislature per concretizzare azioni che rappresentavano e rappresentano il benessere dei cittadini modenesi e che ci hanno permesso, anche in questi ultimi anni di crisi economica, di essere un territorio “che tiene” sulle risposte ai bisogni e che arretra meno di altri”.
Nel suo intervento, il sindaco Muzzarelli ha ricordato come Corassori, nel primo discorso da sindaco democraticamente eletto, si rivolse agli eletti affinché ponessero “al di sopra di ogni concetto di partito e di interessi particolaristici, tutte le nostre energie e le nostre capacità, nell’interesse di tutta la popolazione; animati dal concetto che non si può amministrare senza giustizia e che per far ciò occorre sempre ovunque agire con onestà e rettitudine”. Muzzarelli ha quindi sottolineato la necessità di “ritornare sui principi di libertà, eguaglianza e solidarietà che avevano animato le generazioni che sconfissero la dittatura e il razzismo e che indicarono alle italiane e agli italiani la via per riprendere in mano il loro destino e rimettersi in cammino. Le nostre radici stanno lì, nei valori e negli esempi di quei giorni. Da queste radici dobbiamo trarre alimento per affrontare e vincere le sfide della pace fra gli uomini e della pace con l’ambiente, del lavoro e della giustizia”.
Aude Pacchioni ha ricordato il suo primo ingresso come consigliera in Consiglio comunale nel 1956 (dove rimarrà fino agli anni ’80 ricoprendo anche il ruolo di assessora ai Servizi sociali e alla sanità), e le raccomandazioni del sindaco Corassori che le disse che “un consigliere deve saper ascoltare molto i cittadini; esprimere, con modestia, le proprie opinioni; cercare di convincere i cittadini che le azioni dell’Amministrazione sono dirette a migliorare la vita di tutta la città”. Pacchioni ha incentrato il suo intervento sul lungo e difficile cammino compiuto dalle donne per conquistarsi spazio e considerazione nelle istituzioni ma non solo: “Molta strada è stata fatta – ha concluso – ma molta rimane ancora da fare”.
Concludendo gli interventi, Pierluigi Castagnetti si è soffermato sull’articolo 5 della Costituzione che afferma che la Repubblica riconosce e promuove le autonomie locali. “Con il verbo riconosce – ha proseguito – si afferma che le autonomie locali vengono prima dello Stato e rappresentano un valore che lo Stato non può mettere in discussione perché è nella comunità locale che si realizza la dimensione sociale della persona. Il Comune è il soggetto primario e precedente le altre istituzioni. E non solo, il Comune per la maggior parte dei cittadini è lo Stato, come lo è il sindaco e persino l’impiegato dell’anagrafe: se ti tratta bene vuol dire che lo Stato funziona, se ti tratta male, no”. I Comuni sono quindi, ha concluso Castagnetti, “la madre della democrazia e il luogo in cui si impara il senso dello Stato. Sono anche il luogo in cui si realizza il massimo equilibrio possibile tra democrazia diretta e democrazia rappresentativa, tra partecipazione e rappresentanza”.
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